Nella regola di San Benedetto la chiave per una buona organizzazione aziendale

logo_ucid.jpgRiportiamo il resoconto della conferenza del Prof. Massimo Folador in occasione della conferenza mensile UCID del 24 gennaio 2014.
Mettiamo a disposizione anche il testo dell’intervista rilasciata da Folador a Radio Blu.

Tutto è iniziato da un’esperienza personale: un decina d’anni fa Massimo Folador, nominato da poco amministratore delegato di una casa editrice che navigava in cattive acque, si trova alle prese con grossi grattacapi. Quando un’amica d’infanzia, monaca benedettina, lo invita a trascorre un po’ di tempo in un monastero, raccoglie l’invito senza troppo pensarci, convinto si tratti di un’occasione per staccare la spina. Da quel primo incontro con il mondo benedettino Folador comincia un cammino spirituale e professionale: oggi, in tempi di crisi e di giornate scandite da ritmi spesso frenetici, la sua riflessione sull’applicazione della regola benedettina al contesto aziendale raccoglie una curiosità e un interesse crescenti. Una teoria che Folador, attualmente alla guida di una società di consulenza aziendale, ha proposto a Padova in occasione dell’incontro mensile dell’Ucid Padova venerdì 24 gennaio.

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«In quel monastero – ha raccontato – sono rimasto molto colpito dalla lucidità di pensiero, dalla profondità e dalla capacità di analisi dei monaci. Ho iniziato poi ad approfondire la storia dei benedettini e mi sono ritrovato a stupirmi di quale immensa rete di opere fossero stati capaci di costruire in Europa sulle ceneri dell’impero romano. Ho così iniziato a chiedermi se dietro quella storia potesse nascondersi qualche chiave che avrebbe potuto aiutarmi nel mio modo di “fare impresa”». E di “chiavi”, studiando fondo la regola, Folador ne ha trovate a decine. Così ad esempio alcuni spunti riguardano il processo decisionale: la regola riconosce all’abate la parola definitiva su ogni scelta, ma lo invia a radunare la comunità ogni volta che si debbano trattare questioni importanti, non trascurando di ascoltare i più giovani, da cui a volte arrivano le intuizioni migliori. Un invito che Folador rivolge anche ai manager: «Quante volte usiamo il sapere collettivo in azienda?», è la provocazione lanciata dal consulente. Secondo Folador l’attività di ascolto non deve e non può essere limitata alla costituzione di gruppi ad hoc, ma dovrebbe diventare pervasiva all’interno dell’impresa. Il tema dell’ascolto in profondità attraversa tutta la regola, così come l’invito a recuperare la fatica dell’obbedienza, attraverso un lavoro quotidiano di allenamento e modellamento (askesis, per riprendere il termine greco), che magari non produce risultati immediati e “scoppiettanti”, ma che può portare a piccoli e continui miglioramenti quotidiani.

Di grande interesse anche le norme che riguardano il trattamento dei novizi, invitati per un anno – accanto a un tutor – a riflettere sul senso della loro presenza in monastero: «In un momento di grande confusione diventa fondamentale anche in azienda ragionare sui valori: un ragionamento che non può essere un giochino intellettuale, ma deve segnare una rinnovata capacità di capire ciò che è il bene comune».
Quanto alla figura dell’abate – che Folador traspone nella figura del manager – San Benedetto tratteggia i lineamenti di un padre buono, capace di “ascoltare il talento individuale”, anche se inflessibile con chi, già richiamato, sbaglia ripetutamente. «Oggi – è l’analisi di Folador – non è più possibile per un manager di grande esperienza e competenza, ma di scarse relazioni, essere a capo di gruppi di lavoro».

Fra i segreti del “successo” dei benedettini la capacità di mantenere in equilibrio una “buona organizzazione” con la dimensione della comunità, ovvero quella delle relazioni. «Sono convinto che sia necessario superare il tabù secondo cui le relazioni all’interno dell’azienda devono essere solo professionali e che sia sufficiente attenersi a rapporti di correttezza mantenendo una certa distanza: il bravo imprenditore è colui che sa andare anche oltre, considerando la persona nella sua interezza».
Dalla regola viene poi il richiamo a una “cultura della cura” che pervade ogni angolo dei monasteri e che emerge ad esempio nella storia dell’arte ammanuense: un’attenzione che deve far parte anche dell’attività nell’impresa.
L’intervento di Folador è stato preceduto da una breve riflessione proposta dal consulente ecclesiastico don Marco Cagol, che ha ricordato come nella Genesi, prima della caduta di Adamo ed Eva, il lavoro sia indicato con un termine simile a quello dell’atto liturgico, quasi un’anticipazione dell’intuizione benedettina dell’ora et labora, dove preghiera e lavoro sono intese come due dimensioni complementari.

A cura di Roberta Voltan

Informazioni su Amedeo Levorato

Direzione d'impresa
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