Rapporto di previsione Prometeia, Bologna 24 gennaio 2014

downloadPresentato venerdi’ 24 a Bologna il Rapporto di Previsione trimestrale Prometeia per il I trimestre 2014. Diamo di seguito un rendiconto.

“Dopo due anni di crescita inferiore a quella del Pil, nel 2014 il commercio mondiale riprenderà a crescere in linea con il Pil, ma a un ritmo minore rispetto al passato. Ci si può domandare se gli effetti negativi sui paesi emergenti esercitati dal tapering possano considerarsi esauriti con quelli conseguenti al suo annuncio o se non ve ne saranno di ulteriori ora che nel corso del 2014 il QE3 dovrebbe giungere al termine. Ci si può domandare anche se siano fondati i timori che la prossima crisi finanziaria possa avere origine proprio nei paesi emergenti.
Nonostante la lentezza della ripresa in Europa, la percezione diffusa è che l’impostazione della politica monetaria da parte della Bce, pur continuando a essere accomodante a lungo, non allenterà ulteriormente. Allo stesso tempo, i passi incerti, ma progressivi, sull’unione bancaria sembrano ridurre l’incertezza sui debiti pub-blici periferici con effetti indesiderati sulla quotazione dell’euro. Il superamento delle tensioni finanziarie intraeuropee sarà sufficiente a far decollare la ripresa senza un impulso dalla domanda interna?”

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Le previsioni in sintesi

2012

2013

2014

2015

2016

PIL Globale

3,0

2,9

3,6

4,1

4,1

Commercio mondiale

2,1

2,1

4,0

7,7

7,3

PIL
USA

2,8

1,9

2,8

3,0

2,8

UEM

-0,6

-0,4

1,0

1,5

1,4

Germania

0,9

0,5

1,6

1,8

1,6

Italia

-2,6

-1,8

0,8

1,4

1,6

Cina

7,9

7,6

7,7

7,9

7,7

Prezzi
USA

2,1

1,5

1,3

1,7

2,2

UEM

2,5

1,4

1,2

1,7

1,7

Italia

3,3

1,4

0,9

1,8

1,5

ITALIA
PIL

-2,6

-1,8

0,8

1,4

1,6

Importazioni

-7,5

-2,5

3,2

5,1

5,2

Spesa delle famiglie

-4,2

-2,4

0,1

0,8

1,5

Spesa AP ISP

-2,6

-0,2

0,1

0,8

1,5

Investimenti industriali

-10,5

-4,2

2,1

4,4

4,7

Investimenti Costruzioni

-6,5

-6,7

0,1

1,3

0,5

Esportazioni

1,9

0,1

3,0

5,3

4,6

Domanda interna Totale

-5,2

-2,5

0,8

1,2

1,7

Occupazione

-1.1

-1.7

0,1

0,8

0,9

Sintesi delle previsioni
di Amedeo Levorato

Prometeia ha presentato ieri 24 gennaio a Bologna il Rapporto di Previsione per il primo trimestre 2014. Dall’esame delle relazioni svolte emergono diverse novità nello scenario europeo e globale, con un affievolimento graduale ma costante dei rischi di ricaduta nella crisi. In sostanza, sollievo ma non euforia: in particolare, si evidenziano 1) il ritmo crescente della ripresa americana che marcia verso l’autonomia energetica e l’esportazione di gas e petrolio e la costante della crescita cinese, le due maggiori economie globali; 2) la lenta ripresa dell’Europa, con le marcate difficoltà dei paesi periferici (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) oppressi dall’austerità fiscale; 3) Il marcato rallentamento dei paesi emergenti, con particolare riferimento a Russia, India, Brasile, Sud Africa, Tailandia, Indonesia, afflitti da fuga di capitali e problemi valutari.

La ripresa in atto appare consistente, ma sussistono vari rischi.

Allontanato il “fiscal cliff” in USA grazie all’accordo tra Conservatori e Democratici, il processo di “Tapering” (in inglese “sfumatura” o rientro progressivo dell’acquisto di titoli “tossici” tramite l’immissione di denaro da parte della FED) appare in prospettiva meno aggressivo grazie alla costante deflazione dei prezzi attuata dallo sviluppo cinese.
La ripresa appare in decisa accelerazione nel 2014.
I paesi emergenti, dopo l’impatto dell’annuncio del processo di “Tapering”, procedono in ordine sparso senza più uniformità di dinamica nello sviluppo e di comportamento nella congiuntura. La crescita di Brasile, Russia, India, Indonesia, Tailandia, Messico, Egitto, Sudafrica è rallentata sensibilmente nel 2013 rispetto al 2012.  Turchia, Filippine, Argentina, Algeria hanno accelerato.
In Europa sono stati fatti passi importanti verso una vera integrazione monetaria anziché frammentazione e altrettanti passi per l’uscita dalla recessione: di conseguenza si verifica un afflusso di capitali sui debiti sovrani provenienti dai paesi periferici (con conseguente riduzione di rendimenti e restringimento degli spread, come risulta evidente per Spagna e Italia).
Non si registra, però, alcuna euforia: negli USA la politica fiscale risulta restrittiva nel medio periodo, con rendimenti a lungo termine in progressivo aumento e il dollaro in graduale apprezzamento. Questa politica, dettata principalmente dall’esigenza di rientrare il deficit/PIL al 10%, potrebbe creare difficoltà nel lungo periodo alla disoccupazione negli USA. Ma la Fed ha già deciso che la disoccupazione non sarà più il parametro guida della politica monetaria, lasciando alla ripresa di esplicare la propria capacità di ammortizzare e soddisfare la domanda di lavoro nel settore privato.
Intanto, il mercato immobiliare sta migliorando negli USA e i consumi delle famiglie stanno aumentando.
I Paesi emergenti rallentano senza limitare o impedire una contenuta accelerazione anche nel 2014 della crescita del commercio mondiale e del PIL mondiale (rispettivamente +3,6% e +4,0% nel 2014) aprendo significativi spazi ai mercati specializzati di nicchia e alle specializzazioni italiane che si caratterizzano per soddisfare esigenze di mercato di medio-alto livello tecnologico e di consumo, dalla moda, alla meccanica, ai beni strumentali, meno che ai prodotti di massa.
Quindi, una indubbia opportunità per le aziende italiane centrate sull’export attraverso il commercio mondiale, che nel 2015 e 2016 raggiungerà e supererà il +7% annuo.
In Europa, l’unione bancaria sta maturando senza spezzare il difficile legame con l’equilibrio dei debiti sovrani. Si potrà contare a breve su una nuova “globalizzazione” dei mercati finanziari, che si erano ristretti ai confini nazionali ed europei? La BCE deciderà di sbloccare ulteriormente il credito alle imprese?
La situazione congiunturale induce ad evidenziare, in definitiva, una riduzione di “output gap” in USA e UK e un superamento dei livelli produttivi del 2007, ed ancora una ripresa lenta del PIL in Italia.
Il paradosso della forza attuale dell’Euro è che dovrebbe portare ad una ripresa più intensa, rendimenti a lunga più elevati nei paesi periferici dell’UEM in condizioni di maggiore fiducia nell’UEM, una politica monetaria meno espansiva e tassi di mercato più elevati in Europa.
In prospettiva: ripresa in accelerazione più intensa negli USA, riaggiustamento dei portafogli internazionali verso i debiti dei paesi periferici, intensificazione del “tapering”.
L’autonomia energetica degli USA dovrebbe spingere verso il rafforzamento del dollaro, che dovrebbe raggiungere un cambio Euro/Dollaro a 1,20 nel IV trimestre 2016.
Tutto questo riflette condizioni di estrema tranquillità per i tassi di interesse in Europa e in Italia, assicurando stabilità per la restituzione dei debiti da parte delle imprese.
Per l’Italia si conferma la ripresa dalla fine del 2013, il clima di fiducia delle imprese risale verso 100, il fatturato estero delle imprese va molto bene, il fatturato interno sta stabilizzandosi come la produzione.
I giudizi delle imprese sulle scorte sono in ribasso, rendendo a breve necessario un recupero di investimenti per la ricostituzione delle medesime.
Il debito lordo delle Amministrazioni Pubbliche dovrebbe cominciare a scendere nel 2014 dal 132% del PIL e andare verso 127% del PIL nel 2017.

Previsioni internazionali

Rimane incertezza, anche se sono stati risolti alcuni punti delicati, è stato sicuramente superato il punto di minima.
E’ indispensabile non essere euforici, in quanto, dopo l’annuncio del “tapering”, si è riscontrato un fortissimo deflusso di capitali dai paesi emergenti verso i debiti sovrani americani ed europei, in attesa di una ripresa dei tassi di interesse (che non si è realizzata, essenzialmente a causa del Quantitative Easing e delle politiche di LTRO in Europa, con la messa a disposizione di risorse finanziarie alle Banche).§
Per i paesi emergenti si è registrata una forte riduzione dello stock di riserve, rientrate nei mesi successivi, ed un forte indebolimento delle valute, parzialmente rientrato, e quindi con aumenti dei tassi di interesse a breve.
La previsione per le economie emergenti è di una espansione lenta.
Per quanto riguarda il mercato immobiliare USA, gli investimenti in costruzioni residenziali stanno crescendo a due cifre e i consumi delle famiglie stanno crescendo.
In Irlanda e Spagna, viceversa, non si registra alcuna ripresa del settore immobiliare (stock invenduto enorme, come in Italia), mentre negli USA la ripresa è iniziata nel 2010, con recupero dei prezzi anche in termini reali.
Il settore immobiliare appare tuttavia complessivamente in condizioni “molto” critiche nei paesi europei: nel 2016 nessun paese avrà recuperato il livello degli investimenti edilizi pre-crisi.
Per l’UEM si conferma l’uscita dalla recessione nel III trimestre 2013.
Continuano a puntare verso l’alto gli indicatori congiunturali.
Stanno rientrando i capitali anche nei paesi periferici.
Per quanto riguarda l’aspetto fiscale e il deficit/PIL, Irlanda e Spagna sono già usciti dai programmi di aiuto della troika, così come l’Italia ha ottenuto il rientro della procedura di infrazione portando il deficit/PIL al 2,9% a fine 2013.
Per Portogallo e Grecia i capitali non sono rientrati ma se ne sta riducendo gradualmente la fuga.
Grecia e Cipro si trovano in condizioni di deflazione e il Portogallo a rischio, con contrazione in tutti i paesi dell’attività economica e del PIL.
In tutta l’UEM l’inflazione è molto bassa, e lo rimarrà almeno per i prossimi tre anni.
I livelli salariali in Germania stanno andando bene e fanno aumentare i consumi.
In questo momento, le gravi difficoltà dei paesi periferici UEM e le restrizioni legate alla situazione dei bilanci bancari che provocano un “credit crunch” nei confronti del credito alle imprese, impediscono alle esportazioni di cogliere appieno le possibilità offerte dai mercati internazionali, a causa della forte interdipendenza delle economie dei paesi europei. Mancando un vero fattore trainante e unificante nell’economia europea, come potrebbe ad esempio essere un forte programma infrastrutturale finanziato con debito europeo appositamente emesso, il PIL dell’Europa aumenterà solo dell’1% nella media nel 2014, contro il +2,8% degli USA e il +7,7% della Cina.

Previsioni per l’Italia

Anche l’Italia finalmente fuoriesce, anche se gradualmente, dalla recessione. L’inflazione al consumo è ai minimi, lo “spread” tra titoli italiani e tedeschi è ai minimi da due anni e mezzo, la produzione industriale in crescita da sei mesi.
Può durare? Le imprese registrano fortissime difficoltà per mancanza di liquidità, legata al restringimento dei prestiti delle banche. Le banche, a loro volta, sono in grave crisi per inadeguata capitalizzazione e per il fortissimo stock di crediti inesigibili (160 miliardi di euro) generati da 7 anni di crisi e dalla difficoltà delle imprese, soprattutto operanti sul mercato nazionale, di ristrutturarsi e guadagnare competitività.
La maggior parte delle risorse liberate dal pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione (circa 30 miliardi di euro) sono andati, per le piccole imprese, a pagare stipendi arretrati e fornitori, per le grandi imprese  a ridurre il debito ordinario verso le banche che è troppo costoso per la competitività. Lo spread medio addebitato dalle banche sull’Euribor a 3 o 6 mesi per prestare denaro è in media superiore al 5%, e quindi il denaro costa 600 punti base di interesse alle imprese, in un mercato in cui i prezzi sono cadenti e la domanda interna è ferma.
Negli ultimi cinque anni, in Italia, nonostante il crollo degli investimenti, non si è neppure sostituito il capitale scaduto sia dal punto di vista infrastrutturale che tecnologico: la capacità produttiva si è ridotta in assoluto.
Il ricorso al finanziamento bancario è in caduta del -5% annuo da un anno e mezzo, mentre viceversa il fabbisogno reale di finanziamento delle imprese è aumentato (40 Miliardi di Euro).
Dove troveranno le imprese i fondi per finanziare una ripresa degli investimenti?
La ripresa non avrà forza se non si fornisce liquidità alle imprese, ivi compresa la prosecuzione del pagamento dei debiti pubblici.
La ripresa dovrà fare affidamento su altre fonti di liquidità: emissione di obbligazioni o Minibond da parte delle imprese più “dotate”, strumenti collettivi per le imprese minori. Ma per realizzare questo obbiettivo occorre tempo, anche se il Governo ha introdotto alcune agevolazioni di natura organizzativa e fiscale (Fondo di Garanzia, agevolazioni fiscali Minibond). Si tratta di pratiche non consolidate per le quali risulta anche difficile trovare investitori adeguatamente disposti al rischio per un rapporto rischio-rendimento non elevato.
Per quanto riguarda la politica fiscale, si registra un po’ di delusione in quanto la legge si stabilità non ha effettuato interventi netti e adeguati. Nel 2014 ci sarà una politica espansiva (-2,5 miliardi di imposte) ma nel 2015 e 2016 verrà di nuovo applicata una politica restrittiva, per ottemperare ai precetti del “fiscal compact” approvato nel 2011 dal Governo Monti.
Minore riduzione del cuneo fiscale, effetto netto meno espansivo, maggiore frammentazione delle misure.
Si registra una politica fiscale da parte del Governo che è ancora  in gran parte da definire: delega fiscale in discussione, revisione della spesa ferma, dismissioni per 35-40 miliardi ferme o al palo di avvio.
A causa di queste incertezze, non si centreranno gli obbiettivi di finanza pubblica nel 2016.
Le  misure della legge di stabilità sono così riassumibili:
1)      Parziale ampliamento della base imponibile IRPEF (aumento del prelievo)
2)      Oneri detraibili dal 19 al 18% (aumento del prelievo)
3)      Aumento delle detrazioni lavoro dipendente (riduzione del prelievo -74 euro pro capite).
4)      Trasformazione IMU in TASI (aumento del prelievo)
In queste condizioni, il recupero della fiducia delle famiglie è affidato principalmente alla caduta dell’inflazione.
La buona notizia (?) è che per la prima volta dal dopoguerra, in Italia, l’aumento dell’aliquota IVA al 22% non è stato traslato sui prezzi al consumo, e quindi è rimasto pressochè interamente in carico alle imprese e non ai consumatori.
Purtroppo l’occupazione continua a cadere e la disoccupazione è in crescita al 12,7% nel 2014 (3 milioni a fine anno i disoccupati, più 1 milione di cassintegrati, il doppio del 2007).
Il Reddito pro capite in Italia ricrescerà dal 2014; la ricchezza netta (quella reale ha subito una caduta pro-capite dal 2007 di – 8.200 euro) si sta stabilizzando, i consumi pro-capite sono diminuiti di 1.800 euro pro-capite.

Commento finale

L’Italia è alle prese con diversi problemi da superare nei prossimi tre anni: sul lato della domanda (cioè delle condizioni che permetterebbero al reddito pro-capite e al PIL di crescere nuovamente), l’austerità fiscale e il restringimento del credito alle imprese rappresentano i fattori determinanti. C’e’ un solo modo per ridurre l’austerità fiscale, e cioè modificare le regole della spesa pubblica, tagliando almeno 30-50 miliardi di spesa ordinaria oppure trasferendo competenze e servizi al settore privato, con maggiore produttività e minori sprechi. Questo processo, i cui aspetti chiave sono la riduzione dei livelli di governo (Comuni Province Regioni), la revisione della spesa centrale e le privatizzazioni, costituisce il banco di prova più arduo per il Governo nel 2014.
Per quanto riguarda il “credit crunch”, esso è in parte dovuto alle difficili condizioni patrimoniali delle banche, che dovranno vedere un periodo di forti ristrutturazione e riorganizzazione societaria, ma anche dalla riduzione del mercato interno, che non può riprendersi se non verrà attuata una redistribuzione verso i redditi più bassi e non verrà assicurata una maggiore disponibilità di risorse per investimenti pubblici e privati: la ripresa italiana non può arrivare solo dal commercio mondiale e dalle esportazioni.
Sul lato dell’offerta, i due grandi nodi per l’Italia sono storici: la rigidità dei prezzi e dei salari e l’incapacità di recuperare produttività nell’industria e nei servizi. Per quanto riguarda la rigidità di prezzi e salari, le recenti polemiche sull’Electrolux (Il Governo deve abbassare artificialmente i costi aziendali dell’energia, oppure i lavoratori devono rinunciare a una parte dei salari?) riepilogano sinteticamente quella che non può essere una questione banale. Non si può scaricare sul Governo (o la Regione) o la collettività il costo del mantenimento in Italia di una industria che – per l’Italia – risulta superata dalla concorrenza di paesi emergenti all’interno della stessa Europa, come la Polonia… ma non si può neppure pensare di tagliare immediatamente i livelli retributivi: la soluzione deve essere un “mix” di sostegno e riconversione produttiva, per le quali però occorrono figure imprenditoriali dotate di risorse economiche e competenze vere, non improvvisati salvatori con soldi pubblici. E le imprese, o i fondi d’investimento, dotati di competenze globali e affidabilità finanziaria non mancano, ma richiedono interlocutori preparati nelle Regioni e nel Governo.
Per quanto riguarda la produttività, l’Italia è paradigmatica: invece che verso i settori esportatori e aperti alla concorrenza internazionale, i salari in Italia sono più alti nei servizi bancari e nelle pubbliche amministrazioni, talchè quanti operano in questi campi coniugano sicurezza del posto di lavoro e elevati livelli salariali uniti a forti benefici e sconti pensionistici: è difficile pensare che il futuro riservi incrementi di produttività e occasioni di lavoro per i giovani in un sistema così “bloccato” da interessi corporativi e rigidità sindacali anacronistiche. La stessa riforma del mercato del lavoro (o Job Act) promossa da Renzi e basata sul modello del sen. Pietro Ichino, troverà difficoltà significative a causa del forte potere sindacale che permea profondamente ogni area della società italiana.
Nel 2016, nonostante la ripresa, si prevede di raggiungere, rispetto al 2007, i seguenti valori “di stock” per l’economia italiana: -10% di esportazioni rispetto al 2007, -21,3% di investimenti in macchinari, – 8% di consumi pro capite, 5 punti di disoccupazione in più, – 2,3% di occupati, 4,4 punti di PIL in meno, sempre rispetto alla fase precrisi.
Questi sono i numeri  della crisi che ha cambiato il volto e il futuro dell’Italia e che nel 2014 sarà solo ai primi passi di recupero, con tutti i rischi che il Paese sta fronteggiando, ma anche con le opportunità che è indispensabile cogliere e coltivare.

Informazioni su Amedeo Levorato

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